A 400 anni dalla morte di William Shakespeare, il gruppo teatrale Animanera gli rende omaggio rivisitando una delle tragedie più popolari, in scena a partire dal 19 febbraio fino al 28 al Teatro dell'Arte di Viale Alemagna.
“Un altro Amleto” prende le mosse dalla celebre opera del drammaturgo inglese ma descrive una storia diversa, immersa nella realtà dei nostri giorni i cui dilemmi e interrogativi sono attuali ieri come oggi. Ce lo racconta l’autrice del testo, Magdalena Barile.
Perchè questo titolo? Cosa si intende con ‘altro’?
La nostra è una riscrittura della celebre opera di Shakespeare. Nel tempo ce ne sono state tante, non solo di questo che è un classico del teatro. Ho titolato lo spettacolo così perché è diverso, ma anche perché è l’ennesimo: in tutte le epoche si sente l’esigenza di dialogare e confrontarsi con un testo simile, che non smette di sollecitare domande e quesiti.
La vostra versione contemporanea dell’Amleto è pensata per dire qualcosa di nuovo o diverso rispetto alla versione tradizionale?
Niente di nuovo, in realtà. Nessuna pretesa di aggiungere niente ad Amleto che da solo apre diverse questioni. Avvertivamo piuttosto la necessità di mettere in scena uno spettacolo che parlasse dell’oggi, dialogando con un classico del teatro. Non aggiungiamo nulla di diverso, si entra in relazione con un testo importante per capire cosa di quel testo può funzionare oggi.
Partiamo dall’ambientazione, la Brianza. Come mai questa scelta?
Sono lombarda, quindi ho scelto di parlare di qualcosa che conoscevo nel mio testo. Non la Danimarca perché, appunto, è una storia diversa. Ad ogni modo la corte del re Amleto ha una sua trasposizione nella classe di industriali, che sembra quasi un’aristocrazia contemporanea.
Parlando dei temi affrontati - violenza, azione omicida, solitudine - qual è la lettura che avete cercato di dare? Cosa si intende dire con “l’azione omicida si affievolisce con la dimensione quotidiana”? Basterebbe il calore famigliare per placare gli istinti animali che nell’uomo comunque si manifestano?
Considerando la trama, direi che è nella famiglia che nascono gli istinti più violenti, quindi no, esattamente il contrario. La difficoltà sta poi nel trovare il coraggio di agire. È questa la ‘tragedia del dubbio’, Amleto posticipa la sua vendetta perché non sa bene quello che è giusto fare: torna dalla famiglia dopo un periodo in cui è stato lontano, ha un conto in sospeso con i genitori, minaccia di ucciderli senza riuscirci. Ha quasi un ‘mal di vivere’, una malinconia nella quale ogni decisione è vana… non riesce ad agire, si crea un mondo suo perché non riesce a interagire con quello in cui vive, ha delle visioni che lo accompagnano e che non solo quelle della Brianza, con supermercati e tangenziali. Vive un po’ in bilico, con un’idea di vendetta in testa che si affievolisce sempre di più fino ad arrivare ad un finale che scoprirete da soli, seguendoci.
Il ‘non essere’ amletico è tutto qui allora.
Si, il non partecipare a quello che accade attorno a se’. Anche il proposito di uccidere e di non portarlo a termine rappresenta il ‘non essere’ a tutti i livelli. Non riuscire a concludere un qualcosa significa non essere. Se non sei non agisci. Se non agisci non appartieni, e allora non esisti. Però al contempo il ‘non essere’ si declina anche nel mancato riconoscimento dell’ambiente circostante, e quindi anche nel sottrarsi a quello che famiglia, convenzioni, norme sociali ti impone.
E la follia?
Il suo vivere a cavallo tra due mondi, quello reale e quello interiore, fatto di visioni che cominciano a invadere una psiche già fragile, che ha deciso di non partecipare alle dinamiche sociali lo porta effettivamente alla follia. Amleto vede cose che altri non vedono, segnale che il mondo ‘onirico’ ha preso il sopravvento.
Nessun intento didattico, dunque? Non c’è un messaggio che volete comunicare al pubblico?
Assolutamente. Chi non conosce la versione shakespeariano si trova di fronte ad uno spettacolo totalmente autonomo, che presenta similitudini con l’opera originale e della quale può cogliere delle citazioni. Ma questo è un altro Amleto, un’altra storia.
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